Parte seconda - Comporellen.
3 - Alla stazione d'ingresso.
IX.
Bliss, entrando nella loro camera, disse: - Trevize ti ha avvisato che effettueremo il balzo e passeremo nell'iperspazio da un istante all'altro?
Pelorat, chino sul visore, alzò il capo. - Be', si è affacciato e mi ha detto: «Tra mezz'ora».
- Non mi va l'idea, Pel. Non mi è mai piaciuto il balzo. Mi provoca una strana sensazione di rivoltamento.
Pelorat parve un po' sorpreso. - Bliss, cara, non pensavo che fossi una viaggiatrice spaziale.
- Infatti, non posso certo considerarmi tale, e non solo come componente di Gaia. Gaia stessa non ha occasione di compiere viaggi regolarmente. Per nostra natura, io/noi/Gaia non esploriamo, non commerciamo, non facciamo gite nello spazio. Eppure, c'è la necessità di avere qualcuno nelle stazioni di ingresso...
- Come quando siamo stati così fortunati da incontrarti.
- Sì, Pel - sorrise affettuosa Bliss. - E anche la necessità di visitare Sayshell o altre regioni stellari, per vari motivi... di solito clandestini. Ma, clandestino o no, questo comporta sempre e necessariamente il balzo iperspaziale, e naturalmente quando una parte di Gaia effettua il balzo, tutta Gaia lo sente.
- Oh, peccato.
- Potrebbe andare anche peggio. La maggior parte di Gaia non viene sottoposta al balzo, così l'effetto risulta molto diluito. Comunque, pare che io sia particolarmente sensibile, più della media di Gaia. Come continuo a spiegare a Trevize, anche se tutta Gaia è Gaia, le componenti individuali non sono identiche. Abbiamo le nostre differenze, e per chissà quale motivo la mia costituzione è particolarmente sensibile al balzo.
- Aspetta! - esclamò Pelorat, ricordando d'un tratto. - Trevize me lo ha spiegato una volta... È sulle navi normali, chi viaggia lascia il campo gravitazionale galattico entrando nell'iperspazio, e vi ritorna al rientro nello spazio normale. Sono l'uscita e il rientro a causare quegli inconvenienti. Ma la Far Star è una nave gravitazionale. È indipendente dal campo gravitazionale, e in pratica non si sposta mai fuori e dentro il campo. Per questo motivo, non sentiremo nulla. Te lo assicuro, cara, per esperienza personale.
- Ma è magnifico. Peccato che non abbia pensato di discuterne prima, mi sarei risparmiata tante apprensioni inutili.
- E i vantaggi non sono tutti qui - disse Pelorat, sentendosi col morale alle stelle in quel ruolo insolito di divulgatore di astronautica. - Una nave normale deve allontanarsi dalle grandi masse, tipo le stelle, per lunghi tratti attraverso lo spazio normale prima di effettuare il balzo. In parte questo avviene perché più si è vicini a una stella, più il campo gravitazionale è intenso, e più sono pronunciate le sensazioni collaterali del balzo. Inoltre, più il campo gravitazionale è intenso, più si complicano le equazioni da risolvere per effettuare un balzo sicuro e raggiungere il punto dello spazio normale desiderato.
Su una nave gravitazionale, comunque, non si hanno sensazioni di balzo avvertibili. Questa nave, poi, dispone di un computer molto più perfezionato di quelli abituali, un computer capace di risolvere equazioni complesse con precisione e rapidità sorprendenti. Di conseguenza, invece di doversi allontanare da una stella per un paio di settimane prima di raggiungere una distanza di sicurezza per il balzo, alla Far Star bastano due o tre giorni di spostamento. Questo avviene anche perché non siamo soggetti a un campo gravitazionale e, dunque, a effetti inerziali... questa è la spiegazione di Trevize, cose che io ammetto di non capire... e così possiamo accelerare più velocemente di una normale nave.
- Bliss disse: - Meraviglioso, e la capacità di Trev di pilotare questa nave insolita gli fa onore.
Pelorat corrugò leggermente la fronte. - Per favore, Bliss. Di' "Trevize".
- Lo faccio, lo faccio. Ma quando lui è assente mi rilasso un po'.
- Non farlo. Non incoraggiare neppur minimamente questo tuo vizio. Trevize è molto suscettibile riguardo questo punto.
- Non riguardo questo punto. Riguardo me. Non gli sono simpatica.
- Non è vero - si affrettò a ribattere Pelorat. - Gliene ho parlato, sai?... Su, su, non imbronciarti. Ho usato molto tatto, bambina cara. Mi ha assicurato che non gli sei antipatica. Trevize diffida di Gaia, ed è infelice perché si è ritrovato a scegliere Gaia come futuro dell'umanità. Dobbiamo capirlo. Supererà questa fase, via via che comprenderà gradualmente i vantaggi di Gaia.
- Lo spero, ma non si tratta solo di Gaia. Qualunque cosa ti abbia detto, Pel... e ricorda che ti è molto affezionato e non vuole ferire i tuoi sentimenti... io proprio non gli piaccio personalmente.
- No, Bliss. Impossibile.
- Non tutti sono obbligati ad amarmi solo perché tu mi ami, Pel. Lascia che ti spieghi. Vedi, Trev... d'accordo, Trevize... pensa che io sia un robot.
Un'espressione allibita increspò i lineamenti solitamente flemmatici di Pelorat. - Pensa che tu sia un essere umano artificiale? Impossibile!
- Cosa c'è di tanto sorprendente? Gaia è stata colonizzata con l'aiuto di robot. È un fatto risaputo.
- I robot avranno collaborato, come qualsiasi altra macchina, ma sono stati degli esseri umani a colonizzare Gaia; gente della Terra. È questo che pensa Trevize. Lo so.
- Come ti ho detto, nella memoria di Gaia non c'è nulla riguardo la Terra. Invece, nei nostri ricordi più vecchi figurano ancora dei robot, a tremila anni di distanza, impegnati nel completamento della trasformazione di Gaia in mondo abitabile. All'epoca stavamo anche trasformando Gaia in coscienza planetaria... È occorso molto tempo, Pel, e questo è un altro motivo della nebulosità dei nostri ricordi più antichi, e forse non si è trattato di una cancellazione da parte della Terra, come crede Trevize...
- D'accordo, Bliss - fece Pelorat ansioso. - Ma... tornando ai robot?
- Be', con la formazione di Gaia, i robot se ne andarono. Non volevamo una Gaia che comprendesse robot perché eravamo convinti, e lo siamo tuttora, che una componente robotica a lungo andare fosse dannosa per una società umana, sia Isolata che Planetaria. Non so in che modo arrivammo a questa conclusione, ma è possibile che si basasse su eventi collegati alla primissima fase della storia galattica, e pertanto esclusi dalla memoria di Gaia.
- Se i robot se ne andarono...
- Già, ma se qualche robot fosse rimasto? Se io fossi uno di loro... un robot di quindicimila anni? Trevize ha questo sospetto.
Pelorat scosse lentamente la testa. - Ma tu non sei un robot.
- Sei sicuro di crederlo davvero?
- Certo. Tu non sei affatto un robot.
- Come puoi saperlo?
- Bliss, lo so! Non c'è nulla di artificiale in te. Se non lo so io, non può saperlo nessuno.
- Potrei essere un organismo artificiale perfetto fin nei minimi particolari, così perfetto da risultare indistinguibile da un essere umano. In tal caso, come faresti ad accorgerti della differenza?
- Mi pare impossibile che tu sia un organismo artificiale assolutamente perfetto - rispose Pelorat.
- Ma se fosse possibile, nonostante quello che pensi tu?
- No, semplicemente non ci credo.
- Facciamo una nuova ipotesi. Se fossi un robot indistinguibile, cosa proveresti?
- Ecco, io... io...
- Per essere più precisi, come reagiresti all'idea di fare l'amore con un robot?
Di colpo, Pelorat fece schioccare il pollice e il medio della destra. - Sai, esistono leggende di donne innamoratesi di uomini artificiali, e viceversa. Ho sempre pensato che avessero un significato allegorico, e non ho mai immaginato che potessero essere vere alla lettera... Naturalmente, Golan ed io non avevamo mai sentito la parola "robot" prima di atterrare su Sayshell, ma ora che ci penso, quegli uomini e quelle donne artificiali dovevano essere proprio dei robot. Evidentemente, simili robot esistevano davvero nel remoto passato. Il che significa che le leggende andrebbero reinterpretate...
Pelorat piombò in un silenzio meditabondo, e dopo avere atteso alcuni istanti Bliss batté le mani all'improvviso, facendolo sussultare.
- Pel caro - disse Bliss - stai servendoti della tua mitografia per sottrarti alla domanda. La domanda è: "Come reagiresti all'idea di fare l'amore con un robot?"
Lui la fissò a disagio. - Un robot veramente indistinguibile? Proprio identico a un essere umano?
- Sì.
- In tal caso, mi pare che un robot indistinguibile da un essere umano sia un essere umano. Se tu fossi un robot del genere, per me non saresti altro che un essere umano.
- È quello che volevo sentirti dire, Pel.
Pelorat attese, quindi fece: - Bene, adesso che te l'ho detto, cara, perché non mi dici che sei un essere umano naturale e che non c'è bisogno che io mi dibatta in situazioni ipotetiche?
- No, non farò nulla del genere. Hai definito un essere umano naturale come un oggetto che ha tutte le proprietà di un essere umano naturale. Se ritieni che io abbia tutte queste proprietà, allora la discussione è chiusa. Siamo giunti alla definizione operativa, e deve bastarci. Dopo tutto, chi mi dice che tu non sia un semplice robot indistinguibile da un essere umano?
- Io te lo dico. Non sono un robot.
- Ah, ma se fossi un robot indistinguibile da un essere umano, potresti essere stato progettato in modo tale da affermare di essere un essere umano naturale, potresti addirittura essere stato programmato in modo tale da crederlo tu stesso. La definizione operativa è tutto quel che abbiamo, che possiamo avere.
Bliss circondò con le braccia il collo di Pelorat, e lo baciò. Il bacio diventò sempre più appassionato, e si protrasse finché Pelorat riuscì a dire con voce alquanto soffocata: - Avevamo promesso a Trevize di non creargli imbarazzo trasformando questa nave in un covo per amanti in luna di miele...
Bliss disse in tono carezzevole: - Lasciamoci andare, e dimentichiamo le promesse, non pensiamoci.
Turbato, Pelorat ribatté: - Ma non posso farlo, cara. Lo so che ti infastidirà, Bliss, ma io penso in continuazione, e sono costituzionalmente contrario a lasciarmi trasportare dai sentimenti. È un'abitudine vecchia quanto me, probabilmente molto noiosa per gli altri. Le donne con cui ho vissuto, prima o poi, si sono sempre lamentate di questo. La mia prima moglie... oh, ma immagino che sarebbe poco conveniente discutere di...
- Certo, poco conveniente, ma non del tutto sconveniente. Nemmeno tu sei il mio primo amante.
- Oh! - esclamò Pelorat, piuttosto perplesso. Poi, notando il sorrisetto di Bliss disse: - Volevo dire, certo che no. Non mi aspettavo di essere... In ogni modo, alla mia prima moglie non piaceva.
- Ma a me piace. Trovo attraente il tuo atteggiamento sempre meditabondo, pensoso.
- Non riesco a crederci, ma avrei un altro pensiero. Robot o umano, non importa. Su questo siamo d'accordo. Comunque, come sai sono un Isolato. Non faccio parte di Gaia, e quando siamo in rapporti intimi tu provi sentimenti esterni a Gaia anche quando mi lasci fondere con Gaia per un breve periodo di tempo, e può darsi non si arrivi alla stessa intensità emotiva che invece proveresti se fosse Gaia ad amare Gaia.
Bliss disse: - Pel, amare te presenta dei lati deliziosi. Io non cerco altro.
- Ma non si tratta solo di amarmi. Tu non sei solamente te stessa. E se Gaia considerasse questo fatto una perversione?
- In tal caso, lo saprei, perché anch'io sono Gaia. E dal momento che con te provo piacere, pure Gaia lo prova. Quando facciamo l'amore, tutta Gaia è partecipe della sensazione a vari livelli. Quando dico che ti amo, significa che Gaia ti ama, anche se il ruolo immediato è assegnato solo alla parte rappresentata da me... Sembri confuso.
- Essendo un Isolato, Bliss, non afferro del tutto.
- Si può sempre fare un'analogia col corpo di un Isolato, Pel. Quando fischietti un motivo, il tuo intero corpo, cioè tu come organismo, vuole fischiare il motivo, ma il compito diretto spetta alle tue labbra, alla lingua e ai polmoni - Il tuo alluce destro non fa nulla.
- Potrebbe battere il tempo.
- Ma battere il tempo con l'alluce non è indispensabile all'atto del fischiare. Battere il piede non è l'azione stessa ma una reazione, e in effetti tutte le parti di Gaia potrebbero reagire in un modo o nell'altro ai miei sentimenti, come io reagisco ai loro.
Pelorat disse: - Immagino sia inutile sentirsi imbarazzati per questo.
- Sì, perfettamente inutile.
- Però provo uno strano senso di responsabilità. Quando cerco di renderti felice, in pratica è come se cercassi di rendere felice ogni organismo di Gaia.
- Fino all'ultimo atomo... Ma ci riesci. Incrementi il senso di gioia comune che io ti lascio percepire brevemente. Certo, il tuo contributo è troppo piccolo per essere facilmente misurabile, però esiste, il che dovrebbe accrescere la tua gioia.
Pelorat disse: - Peccato che non abbia la certezza che Golan sia abbastanza preso dalle manovre iperspaziali da restare in sala comandi per un po'...
- Vorresti concederti una luna di miele, vero?
- Sì.
- Allora prendi un foglio, scrivi sul foglio "Reparto Luna di Miele" e attaccalo fuori sulla porta, così se lui vorrà entrare sarà un problema suo.
Pelorat lo fece, e fu durante le piacevoli procedure successive che la Far Star effettuò il balzo. Né Pelorat né Bliss se ne accorsero, del resto non se ne sarebbero accorti nemmeno se avessero prestato attenzione.
X
Erano trascorsi solo pochi mesi da quando Pelorat aveva conosciuto Trevize e aveva lasciato Terminus per la prima volta. Fino ad allora, per oltre mezzo secolo (tempo galattico standard) di vita, non si era mai staccato dalla superficie del pianeta.
Nel suo intimo, in quei mesi Pelorat era diventato un vecchio lupo dello spazio. Aveva visto tre pianeti dallo spazio: Terminus stesso, Sayshell e Gaia. E sullo schermo adesso ne vedeva un quarto, quantunque attraverso un congegno telescopico controllato dal computer. Quel quarto pianeta era Comporellen.
E per la quarta volta Pelorat si sentì vagamente deluso. Chissà perché, continuava a credere che guardare un mondo abitabile dallo spazio significasse vedere il profilo dei suoi continenti sullo sfondo del mare circostante, o nel caso di un mondo asciutto, i contorni dei suoi laghi all'interno della massa di terra.
Non succedeva mai.
Se un mondo era abitabile, aveva un'atmosfera oltre ad una idrosfera. E se aveva sia aria che acqua, aveva ammassi di nubi; e se c'erano nubi, la vista era ostruita. Ancora una volta, Pelorat si ritrovò a guardare dei vortici bianchi che lasciavano scorgere di tanto in tanto una chiazza d'azzurro o di marrone ruggine.
Accigliato, si chiese come fosse possibile identificare un mondo osservandolo su uno schermo a 300 mila chilometri di distanza. Com'era possibile distinguere un vortice di nubi da un altro?
Bliss fissò Pelorat preoccupata. Che c'è, Pel? Sembri infelice.
- È che tutti i pianeti sono uguali visti dallo spazio.
Trevize disse: - E allora, Janov? Anche tutte le coste di Terminus sembrano uguali all'orizzonte, a meno che non si sappia cosa cercare... un particolare picco montuoso, o un isolotto al largo dalla forma caratteristica.
- Lo so, grazie - replicò Pelorat chiaramente insoddisfatto. - Ma che riferimenti si possono cercare in una massa di nubi in movimento? E anche provando, prima di trovarli, ci si sposta probabilmente nel lato notturno.
- Guarda più attentamente, Janov. Se segui la disposizione delle nubi, vedi che tendono a formare una massa che gira attorno al pianeta e che ha un centro. Quel centro corrisponde più o meno a uno dei poli.
- Quale? chiese Bliss interessata.
- Dato che, rispetto a noi, il pianeta ruota in senso orario, noi ci troviamo per definizione sul polo sud. Dato che il centro è a una quindicina di gradi dal terminatore, la linea d'ombra del pianeta, e dato che l'asse planetario è inclinato di ventun gradi rispetto alla perpendicolare del piano di rivoluzione, siamo o a metà primavera o a metà estate, a seconda che il polo si stia allontanando dal terminatore o si stia avvicinando. Il computer può calcolare la sua orbita e comunicarmelo subito, se dovessi chiederlo. La capitale si trova a nord dell'equatore, quindi là è autunno o inverno inoltrato.
Pelorat corrugò la fronte - Sei in grado di capire tutte queste cose? - E osservò lo strato di nubi quasi si aspettasse che cominciasse a parlargli e a rivelargli dati, cosa che naturalmente lo strato di nubi non fece.
- Queste e altre - disse Trevize. - Se guardi le zone polari, vedrai che non ci sono squarci nel manto di nubi, a differenza di quanto avviene nelle zone lontane dai poli. In realtà, degli squarci ci sono ma attraverso di essi si vede solo ghiaccio, bianco su bianco quindi.
- Ah - fece Pelorat - immagino sia un fatto scontato ai poli.
- Sui pianeti abitabili, certamente. I pianeti inabitabili possono essere privi d'aria o di acqua, o possono presentare certi segni che dimostrano che le nubi non sono di vapore acqueo, o che il ghiaccio non è ghiaccio acqueo. Questo pianeta non presenta questi segni, pertanto sappiamo di trovarci di fronte a nubi e ghiaccio di origine acquea.
"La cosa che notiamo successivamente sono le dimensioni dell'area di bianco ininterrotto sul lato diurno del terminatore, che all'occhio esperto appare subito più estesa della media. Inoltre, si può notare una certa sfumatura aranciata, molto debole, nella luce riflessa, il che significa che il sole di Comporellen è decisamente più freddo del sole di Terminus. Malgrado Comporellen sia più vicino al suo sole in confronto a Terminus, non è abbastanza vicino da compensare la temperatura inferiore della sua stella. Dunque, pur nei limiti dell'abitabilità, Comporellen è un mondo freddo.
- Leggi tutto come un videolibro, vecchio mio - commentò Pelorat ammirato.
- Non meravigliarti troppo - sorrise affettuosamente Trevize. - Il computer mi ha fornito tutti i dati statistici utili del pianeta, compresa la sua temperatura media un po' bassa. È facile dedurre qualcosa che si sa già. In effetti, Comporellen è prossimo a un'era glaciale, e l'attraverserebbe se la configurazione dei suoi continenti fosse più adatta al fenomeno.
Bliss si morse il labbro inferiore. - Non mi piacciono i mondi freddi.
- Abbiamo indumenti caldi - disse Trevize.
- Non importa. Gli esseri umani non sono fatti per il freddo. Non abbiamo manti spessi di pelo o di piume, né uno strato sottocutaneo di grasso. Se un mondo ha un clima freddo significa che è abbastanza indifferente verso il benessere delle sue parti.
Trevize chiese: - Gaia è un mondo uniformemente mite?
- Perlopiù, sì. Ci sono alcune zone fredde per piante e animali adatti al freddo, e alcune zone calde per piante e animali che prediligono il caldo eccessivo, ma perlopiù le parti di Gaia hanno un clima mite uniforme, mai troppo caldo mai troppo freddo, per gli esseri intermedi, compresi gli esseri umani, naturalmente.
- Gli esseri umani, naturalmente. Tutte le parti di Gaia sono vive e pertanto uguali ma alcune come gli esseri umani, sono evidentemente più uguali delle altre.
- Non fare dello sciocco sarcasmo - replicò Bliss, con una punta di stizza. - Il livello e l'intensità di coscienza e consapevolezza sono importanti. Un essere umano rappresenta una parte di Gaia più utile di una roccia dello stesso peso, e le proprietà e le funzioni di Gaia come organismo globale propendono per gli esseri umani... non come sui vostri Mondi isolati, comunque. E certe volte, quando si tratta dei bisogni globali di Gaia, gli esseri umani passano in secondo piano. Ad esempio, per lunghi periodi di tempo, potrebbe passare in primo piano l'interno roccioso. Anche quello richiede attenzione, o tutte le parti di Gaia potrebbero soffrirne. A nessuno piacerebbe un'eruzione vulcanica inutile, no?
- Già, un'eruzione inutile non piace a nessuno - disse Trevize.
- Sei ancora dello stesso parere, vero?
- Ascolta - disse Trevize. - Abbiamo mondi più freddi e più caldi della media; mondi coperti in gran parte da foreste tropicali, e mondi occupati da savane sterminate. Non esistono due soli mondi identici, e ogni mondo è una casa per quelli che si sono abituati alle sue caratteristiche. Io mi sono abituato alla relativa mitezza di Terminus (lo abbiamo trasformato in un ambiente moderato quasi quanto Gaia, in effetti) però almeno temporaneamente mi piace passare a qualcosa di diverso. A differenza di Gaia, Bliss, noi abbiamo la varietà. Se Gaia sfocerà in Galaxia, tutti i mondi della Galassia saranno costretti a diventare miti? Una simile uniformità sarebbe insopportabile.
Bliss rispose: - In tal caso, e se la varietà è preferibile, la varietà verrà conservata.
- Come dono del comitato centrale, per così dire? - sbottò secco Trevize. - E a piccole dosi controllate? Preferirei lasciare che fosse la natura a decidere.
- Ma non avete lasciato che fosse la natura a decidere. Tutti i mondi abitabili della Galassia sono stati modificati. Le condizioni naturali originarie di ogni mondo erano disagevoli per l'umanità, e i mondi sono stati modificati, resi accoglienti il più possibile. Se questo mondo è freddo, sono sicura che è così perché i suoi abitanti non erano in grado di scaldarlo ulteriormente senza affrontare costi proibitivi. E in ogni caso, le parti abitate sicuramente saranno riscaldate artificialmente a livelli accettabili per l'uomo. Quindi non dire con tanto moralismo e superbia che sarebbe meglio lasciare alla natura certe decisioni.
Trevize disse: - Parli per Gaia, immagino.
- Parlo sempre per Gaia Io sono Gaia.
- Ma se Gaia è così sicura della propria superiorità, perché si è resa necessaria la mia decisione? Perché non avete agito senza di me?
Un attimo di pausa, quasi volesse riordinarsi le idee, poi Bliss rispose: - Perché non è saggio fidarsi eccessivamente di sé. È più facile, e naturale, vedere le proprie virtù che i propri difetti - Noi siamo ansiosi di fare quel che è giusto; non quello che ci sembra giusto, ma quel che è giusto, obiettivamente, ammesso che esista qualcosa di obiettivamente giusto. Tu sei la cosa più vicina all'obiettività che siamo riusciti a trovare, dunque ci lasciamo guidare da te.
- Ho talmente ragione, sono così vicino al giusto, che non capisco nemmeno il perché della mia decisione, e cerco una giustificazione di base - commentò con aria mesta Trevize.
- La troverai - disse Bliss.
- Lo spero.
- Se devo essere sincero, vecchio mio - intervenne Pelorat - mi pare che quest'ultima discussione sia stata vinta piuttosto agevolmente da Bliss. Perché non riconosci che le sue argomentazioni giustificano la tua decisione, che Gaia rappresenta il futuro dell'umanità?
Trevize rispose brusco: - Perché quando ho preso la mia decisione non sapevo nulla di queste argomentazioni, non ero al corrente di certi particolari di Gaia. È stato qualcos'altro a influenzarmi, almeno inconsciamente, qualcosa che non è collegato a Gaia, qualcosa che dev'essere più basilare. È questo che devo scoprire.
Pelorat alzò una mano, conciliante. - Non arrabbiarti, Golan.
- Non sono arrabbiato. Sono solo sottoposto a una tensione quasi insostenibile. Non voglio essere il punto focale della Galassia.
Bliss disse: - Ti capisco, Trevize, e mi spiace davvero che le tue capacità ti abbiano costretto ad occupare questa posizione... Quando atterreremo su Comporellen?
- Tra tre giorni, e solo dopo aver fatto sosta a una delle stazioni d'ingresso in orbita attorno al pianeta.
Pelorat chiese: - Non dovrebbero esserci problemi alla stazione, vero?
Trevize scrollò le spalle. - Dipende dal numero di navi che convergono su Camporellen, dal numero delle stazioni di ingresso esistenti, e soprattutto dalle norme in base a cui consentire o rifiutare l'ingresso. Certe norme cambiano di tanto in tanto.
Pelorat eruppe, indignato: - Come, rifiutare l'ingresso? Come possono rifiutare l'ingresso a cittadini della Fondazione? Comporellen non fa parte dei territori della Fondazione?
- Be', sì... e no. A questo proposito c'è una questione legalitaria piuttosto delicata, e non so di preciso in che modo la interpreti Comporellen. Può darsi che ci rifiutino il permesso d'ingresso, ma lo ritengo poco probabile.
- E se accadesse, cosa facciamo?
- Non lo so - rispose Trevize. - Aspettiamo di vedere cosa succede prima di logorarci pensando a piani alternativi.
XI
Erano sufficientemente vicini a Comporellen, e adesso il pianeta appariva come un globo consistente anche senza ingrandimento telescopico. Con l'ausilio del telescopio, però, era possibile vedere le stazioni d'ingresso. Erano le strutture orbitanti più esterne, ed erano ben illuminate.
Avvicinandosi dalla direzione del polo sud del pianeta, come stava facendo la Far Star, una metà del globo era costantemente illuminata dal sole. Le stazioni d'ingresso sul lato notturno naturalmente erano visibili in maniera più netta come scintille di luce. Erano distribuite a intervalli regolari formando un arco attorno al pianeta. Se ne scorgevano sei (più sei sul lato diurno, senza dubbio), e tutte ruotavano a velocità costante e identica.
Pelorat, un po' intimorito dalla vista, disse: - Ci sono altre luci più vicine al pianeta. Cosa sono?
Trevize rispose: - Non conosco Comporellen in modo dettagliato, quindi non sono in grado di dirtelo. Alcune potrebbero essere fabbriche orbitali, o laboratori o osservatori, forse addirittura comunità popolate. Certi pianeti preferiscono far sì che gli oggetti in orbita risultino scuri esternamente, tranne le stazioni d'ingresso. Terminus, per esempio. Pare invece che Comporellen abbia un atteggiamento più liberale.
- Verso quale stazione ci dirigeremo, Golan?
- Dipende da loro. Io ho inviato la mia richiesta a terra su Comporellen, e prima o poi riceveremo istruzioni che ci indicheranno a quale stazione rivolgerci, e quando. Dipende soprattutto da quante navi in arrivo stanno cercando di passare. Se ad ogni stazione c'è una dozzina di navi in attesa, dovremo per forza pazientare.
Bliss disse: - Prima d'ora mi sono trovata a distanza iperspaziale da Gaia due sole volte, e in entrambi i casi ero su Sayshell o vicino a Sayshell. Non mi sono mai trovata a una distanza del genere.
Trevize la squadrò arcigno. - Ha importanza? Sei ancora Gaia, no?
Per un attimo, Bliss parve irritata, poi si abbandonò a una risatina che rivelava un leggero imbarazzo. - Devo ammettere che questa volta mi hai colta in fallo, Trevize. La parola "Gaia" ha un doppio significato. Può indicare il pianeta stesso come oggetto globulare nello spazio. Può inoltre indicare l'organismo vivente che include quel globo. Parlando correttamente, dovremmo usare due parole diverse per i due concetti diversi, ma i Gaiani capiscono sempre dal contesto a cosa ci si riferisca. Ammetto che un Isolato a volte possa incontrare delle difficoltà.
- Bene, allora - disse Trevize - assodato che ti trovi a molte migliaia di parsec da Gaia come globo, fai ancora parte di Gaia considerata come organismo?
- Se ci riferiamo all'organismo, sì, faccio ancora parte di Gaia.
- Senza attenuazioni?
- Essenzialmente, no. Mi pare di averti già detto che è un po' più complesso rimanere Gaia attraverso l'iperspazio, comunque, sono ancora Gaia.
Trevize disse: - Non ti sembra che Gaia possa essere vista come un kraken galattico, il leggendario mostro tentacolato, coi tentacoli tesi in ogni direzione? Basta mettere qualche Gaiano su ogni mondo abitato, e in pratica avrete già realizzato Galaxia. Anzi, probabilmente è proprio quello che avete fatto. Dove sono piazzati i vostri Gaiani? Immagino che un paio si trovino su Terminus, e un altro paio su Trantor. Fino a dove vi spingete?
Bliss era visibilmente a disagio. - Ti ho detto che non ti avrei mentito, Trevize, ma questo non significa che debba per forza dirti tutta la verità. Ci sono certe cose che non sei tenuto a sapere, tra queste la posizione e l'identità di parti individuali di Gaia.
- Sono tenuto a conoscere la ragione dell'esistenza di quei tentacoli, Bliss, pur senza sapere dove siano?
- Secondo Gaia, no.
- Però, posso cercare di indovinare, vero? Voi credete di fungere da guardiani della Galassia.
- Vogliamo una Galassia stabile e sicura, pacifica e fiorente. Il Piano Seldon, almeno nelle intenzioni originali di Hari Seldon, mira allo sviluppo di un Secondo Impero Galattico, un impero più stabile e funzionale del Primo. Il Piano, che è stato continuamente modificato e migliorato dalla Seconda Fondazione, apparentemente ha funzionato bene finora.
- Ma Gaia non vuole un Secondo Impero Galattico nel senso classico del termine, vero? Voi volete Galaxia... una Galassia vivente.
- Dal momento che tu lo permetti, speriamo, col tempo, di realizzare Galaxia. Se tu non l'avessi permesso, ci saremmo impegnati per il Secondo lmpero di Seldon e avremmo cercato di renderlo il più sicuro possibile.
- Ma cosa c'è di sbagliato nel...
Trevize udì un ronzio lieve, e disse: - Il computer mi sta segnalando. Immagino stia ricevendo istruzioni riguardo la stazione d'ingresso. Torno tra poco.
Andò nella sala comandi, posò le mani sui contorni tracciati sulla scrivania, e in effetti trovò le istruzioni per la stazione d'ingresso da contattare... le sue coordinate rispetto alla linea dal centro di Comporellen al polo nord, la rotta di avvicinamento stabilita.
Trevize diede il segnale di "ricevuto", quindi restò un attimo seduto.
Il Piano Seldon! Era da parecchio tempo che non ci pensava. Il Primo Impero Galattico era crollato, e per cinquecento anni la Fondazione si era consolidata, prima rivaleggiando con l'Impero, poi sulle sue rovine... tutto secondo il Piano.
C'era stata l'interruzione del Mulo, che per un po' aveva minacciato di sgretolare il Piano, ma la Fondazione era riuscita a spuntarla... probabilmente con l'aiuto della Seconda Fondazione, sempre misteriosa e nascosta... forse con l'aiuto di Gaia, ancor meglio nascosta.
Ora il Piano era minacciato da qualcosa di più serio del Mulo. Invece di un rinnovamento dell'Impero, si prospettava all'orizzonte qualcosa di completamente diverso e senza precedenti nella storia... Galaxia. E Trevize stesso aveva dato il suo consenso.
Ma perché? C'era un errore nel Piano? Un difetto di base?
Per una frazione di secondo, a Trevize parve davvero che quel difetto esistesse, gli parve di sapere quale fosse, di averlo saputo anche quando aveva preso la sua decisione... ma quel guizzo conoscitivo, ammesso che lo fosse, scomparve con la stessa rapidità con cui si era manifestato, e lui si ritrovò a mani vuote.
Forse si trattava solo di un'illusione; sia quando aveva deciso, sia adesso. Dopo tutto, lui non sapeva nulla del Piano a parte i postulati fondamentali su cui si reggeva la psicostoria. A parte questo, non conosceva altri particolari, e sicuramente nulla della sua struttura matematica.
Chiuse gli occhi e pensò...
Nulla.
E se fosse stato per l'ampliamento di facoltà che riceveva dal computer? Posò le mani sulla sommità della scrivania e sentì il calore delle mani del computer che prendevano le sue. Chiuse gli occhi e pensò di nuovo...
Ancora nulla.
XII
Il Comporelliano che salì a bordo portava una carta d'identità olografica. Il documento riproduceva con fedeltà sorprendente il suo volto paffuto incorniciato da una barba poco vistosa, e sotto l'immagine compariva il nome, A. Kendray.
Era basso, e il suo corpo era tondeggiante come il viso. Aveva un'espressione ingenua e modi disinvolti, e si guardò attorno meravigliato.
Disse: - Come avete fatto a scendere così in fretta? Vi aspettavamo non prima di un paio d'ore.
- È un nuovo modello di nave - rispose Trevize, educatamente ma senza sbilanciarsi.
Kendray non era il giovanotto innocente che sembrava, comunque. Entrò nella sala comandi e disse subito: - Gravitazionale?
Trevize non vide l'utilità di negare l'evidenza. La voce incolore, disse: - Sì.
- Molto interessante. Si sente parlare di queste navi, ma non si riesce mai a vederle. I motori sono nella carena?
- Esatto.
Kendray guardò il computer. - I circuiti del computer, anche?
- Esatto. Almeno, così mi hanno detto. Io non ho mai controllato.
- Ah, bene. Mi serve la documentazione della nave; numero del motore, luogo di costruzione, codice d'identificazione, la pappardella completa, insomma. È tutto nel computer, immagino, e scommetto che il computer può sfornare in mezzo secondo la certificazione che mi occorre.
Il computer impiegò poco più di mezzo secondo. Kendray tornò a guardarsi attorno. - Solo voi tre, a bordo?
- Esatto - rispose Trevize.
- Animali? Piante? Stato di salute?
- No. No. E, buono - disse Trevize conciso.
- Hmm! - fece Kendray, scrivendo. - Potreste mettere la mano qui dentro? Semplice routine... La destra, per favore.
Trevize guardò l'apparecchio senza benevolenza. Il suo uso era sempre più comune; stava diventando sempre più elaborato. Si poteva dedurre quasi subito l'arretratezza di un mondo dall'arretratezza del suo microrivelatore. Ormai erano pochi i mondi che non ne avevano uno, per quanto arretrati. Il fenomeno era iniziato con lo sgretolamento finale dell'Impero, via via che ogni frammento dell'intero era diventato sempre più ansioso di proteggersi dalle malattie e dai microrganismi estranei degli altri.
- Cos'è? - chiese Bliss sottovoce, interessata, sporgendo la testa per osservare bene.
Pelorat rispose: - Credo che si chiami microrivelatore.
Trevize aggiunse: - Nulla di misterioso. È un congegno che controlla automaticamente una parte del corpo, dentro e fuori, in cerca di eventuali microrganismi capaci di trasmettere malattie.
- Questo li classifica anche, i microrganismi - disse Kendray, con una sfumatura piuttosto evidente di orgoglio. - È stato progettato qui su Comporellen... E se non vi dispiace, vorrei ancora la vostra destra.
Trevize inserì la mano e osservò una serie di piccoli segni rossi che si spostavano lungo delle linee orizzontali. Kendray toccò un contatto, e un facsimile della diagnosi apparve immediatamente. - Se volete firmarlo, signore.
Trevize firmò. - In che condizioni sono? - chiese. - Non sono in grave pericolo, vero?
Kendray rispose: - Non sono un medico, quindi non sono in grado di dirvelo di preciso, ma qui non ci sono i segni che mi costringerebbero a respingervi o a mettervi in quarantena, e a me non interessa altro.
- Sono proprio fortunato - commentò Trevize asciutto, scuotendo la mano per liberarsi del lieve pizzicore che provava.
- Voi, signore - disse Kendray.
Pelorat inserì la mano con una certa riluttanza, quindi firmò il certificato.
- E voi, signora?
Alcuni attimi dopo, Kendray stava fissando i risultati, dicendo: - Mai visto niente del genere prima d'ora. - Guardò Bliss con un'espressione intimorita. - Completamente negativo.
Bliss scoccò un sorriso accattivante. - Magnifico.
- Sì, signora. Vi invidio. - Kendray tornò a guardare il primo certificato. - La vostra carta d'identità, signor Trevize.
Trevize gliela mostrò. Kendray, guardandola, alzò gli occhi sorpreso. - Consigliere della Legislatura di Terminus?
- Appunto.
- Funzionario della Fondazione?
- Appunto. Quindi vediamo di sbrigarci, d'accordo?
- Siete voi il capitano della nave?
- Sì.
- Scopo della visita?
- Motivi di sicurezza della Fondazione, e non vi dirò altro. Capite?
- Sì, signore. Quanto intendete fermarvi?
- Non lo so. Forse una settimana.
- Molto bene, signore. E quest'altro signore?
- È il dottor Janov Pelorat - rispose Trevize. - Avete lì la sua firma, e per lui garantisco io. È uno studioso di Terminus, e mi assiste in questa mia visita.
- Capisco, signore, ma devo vedere il suo documento. Le regole non transigono, temo. Spero che anche voi capiate, signore.
Pelorat mostrò i suoi documenti.
Kendray annuì. - E voi, signorina?
Trevize intervenne: - Non c'è bisogno di importunare la signorina. Garantisco anche per lei.
- Certo, signore. Ma io devo vedere i documenti.
- Temo di non avere nessun documento, signore - disse Bliss.
Kendray aggrottò le sopracciglia. - Come avete detto?
Trevize disse: - La signorina non ha portato con sé i documenti. Semplice dimenticanza. È tutto a posto. Mi assumo qualsiasi responsabilità.
Kendray replicò: - Vorrei potervelo permettere, ma non posso. La responsabilità è mia. Date le circostanze, non è terribilmente importante. Non dovrebbero esserci difficoltà a procurarsi dei duplicati. La signorina, immagino, è di Terminus.
- No.
- Di qualche regione della Fondazione, allora?
- A dire il vero, no.
Kendray fissò Bliss, quindi Trevize. - Le cose si complicano, Consigliere. Forse occorrerà più tempo per farsi rilasciare una copia dei documenti da un mondo che non appartiene alla Fondazione. Poiché non siete cittadina della Fondazione, signorina, dovete dirmi il nome del vostro mondo natale e quello del vostro mondo di residenza. Poi dovrete aspettare che arrivino i duplicati.
Trevize disse: - Sentite, signor Kendray, non vedo il motivo di questa perdita di tempo. Sono un funzionario della Fondazione e sono qui per una missione di notevole importanza. Non devo essere intralciato da banali questioni burocratiche.
- Non dipende da me, Consigliere. Se dipendesse da me, vi lascerei scendere su Comporellen immediatamente, purtroppo i regolamenti non si discutono. Devo attenermi ad essi, o peggio per me... Naturalmente, immagino che qualche rappresentante governativo di Comporellen vi stia aspettando. Se volete dirmi il suo nome, mi metterò in contatto con lui, e se lui mi ordinerà di lasciarvi passare, bene, lo farò.
Trevize esitò un attimo. - Signor Kendray, sarebbe un'azione poco opportuna. Posso parlare col vostro diretto superiore?
- Certo, però non potete vederlo così su due piedi...
- Sono sicuro che verrà subito quando capirà che si tratta di un funzionario della Fondazione...
- A dire il vero - fece Kendray - e rimanga tra noi, in questo modo peggiorereste le cose. Sapete, noi non facciamo parte del territorio metropolitano della Fondazione. Siamo una Potenza Alleata, e prendiamo seriamente questo ruolo. I nostri sono ansiosi di non sembrare burattini della Fondazione, per usare un'espressione popolare, e si fanno in quattro per dimostrare la loro indipendenza. Il mio superiore probabilmente riceverebbe dei buoni extra rifiutandosi di fare un favore a un funzionario della Fondazione.
L'espressione di Trevize si oscurò. - Anche voi?
Kendray scosse la testa. - Io sono al di fuori della politica, signore. Nessuno mi da punti extra. Posso considerarmi fortunato se mi pagano lo stipendio. E anche se non ricevo premi, le note di biasimo posso riceverle, e molto facilmente, purtroppo.
- Data la mia posizione, posso occuparmi io di voi.
- No, signore - Scusate se vi sembro impertinente, ma non credo che possiate... E, signore, è imbarazzante dirlo, ma per favore non offritemi regali. Danno punizioni esemplari a chi accetta cose del genere, e oggigiorno sono bravissimi a scoprire i colpevoli.
- Non intendevo corrompervi. Sto solo pensando a cosa potrà farvi il Sindaco di Terminus se ostacolerete la mia missione.
- Consigliere, io sono perfettamente al sicuro finché mi nascondo dietro il regolamento. Se i membri del Presidium di Comporellen verranno puniti in qualche modo dalla Fondazione, è un problema loro, non mi riguarda... Comunque, se lo ritenete utile, signore, posso lasciar passare voi e il dottor Pelorat, e la vostra nave. La signorina Bliss rimarrà alla stazione d'ingresso; la tratterremo per un po', e la manderemo in superficie non appena arriveranno i suoi documenti. Se per qualche motivo sarà impossibile avere quei documenti, la rimanderemo sul suo mondo con un trasporto commerciale. Temo però che in questo caso qualcuno dovrà pagare la corsa.
Trevize notò l'espressione di Pelorat e disse: - Signor Kendray, posso parlarvi in privato nella sala comandi?
- D'accordo, ma non posso restare a bordo ancora a lungo, o mi faranno delle domande.
- Ci sbrigheremo - disse Trevize.
Nella sala comandi, Trevize chiuse bene la porta con gesti un po' teatrali, quindi disse sottovoce: - Sono stato in molti posti, signor Kendray, ma in nessun posto ho trovato una simile pignoleria riguardo i regolamenti dell'immigrazione, soprattutto se si tratta di cittadini e funzionari della Fondazione.
- Ma la ragazza non appartiene alla Fondazione.
- Non importa.
Kendray disse: - Queste cose sono fenomeni passeggeri. Ci sono stati degli scandali e ora come ora c'è molta severità. Tornando il prossimo anno, magari non avrete problemi, purtroppo adesso non posso fare nulla.
- Provate, signor Kendray - insisté Trevize, con voce più dolce. - Mi affido alla vostra clemenza, mi rivolgo a voi da uomo a uomo. Pelorat e io siamo in missione da parecchio. Lui e io. Solo lui e io. Siamo buoni amici, però anche tra amici ci si sente soli, non so se mi capite... Qualche tempo fa, Pelorat ha trovato questa ragazza. Non è necessario che vi racconti quel che è successo, comunque, abbiamo deciso di portarla con noi. Servirci di lei di tanto in tanto per noi è salutare.
"Il fatto è che Pelorat ha dei legami su Terminus. Io non ho problemi, sia chiaro, ma Pelorat è un uomo anziano, e a quell'età si è un po'... sì, disperati. Si sente il bisogno di tornare in parte giovani, o qualcosa del genere. Pelorat non può rinunciare alla ragazza. Nel medesimo tempo, se la notizia dovesse trapelare ufficialmente, quando il vecchio Pelorat tornerà su Terminus lo attenderà un mare di guai. Non stiamo facendo nulla di male. La signorina Bliss, così si chiama, nome azzeccato considerando la sua professione, non è esattamente una ragazza acuta; non la vogliamo per questo. È proprio necessario che figuri nel vostro rapporto? Non potete riferire che sulla nave ci siamo soltanto Pelorat e io? Quando abbiamo lasciato Terminus eravamo registrati solo noi due. Non è necessaria alcuna menzione ufficiale della ragazza. Dopo tutto, è sanissima come avete potuto verificare voi stesso."
Kendray fece una smorfia. - Non intendo crearvi dei disagi. Capisco la situazione, credetemi, e avete tutta la mia comprensione. Chi pensa che sia divertente restare di turno su questa stazione per mesi consecutivi, si sbaglia di grosso. E i turni misti non esistono, non su Comporellen. - Scosse la testa. - E poi, anch'io ho una moglie, quindi capisco. Ma, sentite, anche se vi lascio passare, non appena scopriranno che quella... signorina è senza documenti, be', lei finirà in prigione, voi e il signor Pelorat vi troverete in un bel pasticcio e la notizia arriverà dritta fino su Terminus. E io sicuramente dovrò cercarmi un altro lavoro.
- Signor Kendray, fidatevi di me - disse Trevize. - Una volta su Comporellen, sarò al sicuro. Parlerò della mia missione con le persone giuste, dopo di che non ci saranno più problemi. Mi assumerò l'intera responsabilità di quanto è successo qui, se mai il fatto dovesse venire a galla... cosa di cui dubito. Inoltre, caldeggerò la vostra promozione, e verrete promosso, perché farò in modo che Terminus eserciti pressioni adeguate nel caso qualcuno qui sollevasse obiezioni... E Pelorat potrà starsene tranquillo.
Kendray esitò, poi annuì. - D'accordo. Vi lascerò passare... ma vi avverto... comincerò subito a pensare a un modo per salvarmi le chiappe, se questa storia dovesse saltar fuori. E non muoverò un dito per salvare le vostre. Io so come vanno certe cose su Comporellen, mentre voi non lo sapete, e Comporellen non è un mondo facile per chi sgarra.
- Grazie, signor Kendray. Non ci saranno problemi. Ve lo assicuro.
4 - Su Comporellen.
XIII
Erano passati. La stazione d'ingresso si era ridotta rapidamente a un punto luminoso sempre più fioco dietro di loro, e entro un paio d'ore avrebbero attraversato lo strato di nubi.
Una nave gravitazionale non doveva rallentare immettendosi in una lunga rotta a spirale, ma non poteva nemmeno tuffarsi in picchiata a tutta velocità. Essere liberi dalla gravità non significava esserlo anche dalla resistenza dell'aria. La nave poteva scendere in linea retta, ma con prudenza; non era possibile esagerare con la velocità.
- Dove stiamo andando? - chiese Pelorat confuso. - Vecchio mio, con tutte quelle nubi non riesco a distinguere nulla.
- Nemmeno io - disse Trevize. - Ma abbiamo una mappa ufficiale di Comporellen, una mappa olografica che ci fornisce la forma delle masse continentali, con tanto di altezze dei rilievi e profondità oceaniche, e anche le suddivisioni politiche. La mappa è nel computer, e sarà il computer a provvedere a tutto. Confronterà la configurazione planetaria con la mappa, orientando così la nave correttamente, e ci condurrà seguendo una rotta cicloidale.
Pelorat disse: - Andando nella capitale, ci immergeremo subito nel vortice politico. Se questo mondo è anti-Fondazione, come ha lasciato intendere quel tipo alla stazione d'ingresso, andremo in cerca di guai.
- D'altro canto, la capitale dev'essere il centro intellettuale del pianeta, e se vogliamo informazioni, è là che le troveremo, ammesso che esistano. E per quanto riguarda le loro tendenze ostili, dubito che potranno mostrarle troppo apertamente. Forse non sarò molto simpatico al Sindaco, però il Sindaco non può nemmeno permettere che un Consigliere venga maltrattato. Non vorrà certo creare un precedente del genere.
Bliss era uscita dalla toilette; si era lavata le mani, che erano ancora umide. Sistemandosi la biancheria intima come se nulla fosse, disse: - A proposito, spero che gli escrementi vengano interamente riciclati.
- Per forza - rispose Trevize. - Secondo te, quanto durerebbe la nostra scorta d'acqua se non riciclassimo gli escrementi? Secondo te, come crescono quelle focacce aromatiche lievitate che mangiamo per insaporire le nostre razioni surgelate? Spero che questo non ti rovini l'appetito, mia efficiente Bliss.
- Perché dovrebbe? Da dove credi che provengano il cibo e l'acqua su Gaia, o su questo pianeta, o su Terminus?
- Su Gaia, naturalmente, gli escrementi sono vivi come te.
- Non vivi. Consapevoli. È diverso. Naturalmente, il livello di consapevolezza è bassissimo.
Trevize sbuffò sprezzante, ma non cercò di ribattere. Disse: - Vado in sala comandi a tener compagnia al computer.
Pelorat disse: - Possiamo venire ad aiutarti a tenere compagnia al computer? Non riesco ad abituarmi al fatto che il computer sia in grado di portarci sul pianeta da solo, individuando altre navi, o perturbazioni... o che so io!
Trevize sorrise. - Meglio che ti ci abitui. La nave è molto più sicura affidata al controllo del computer che guidata da me... Certo, venite pure, comunque. Sarà istruttivo vedere cosa succede.
Erano sul lato illuminato del pianeta adesso e come stava spiegando Trevize la mappa del computer poteva essere confrontata più facilmente coi dati reali alla luce del sole che al buio.
- È ovvio - commentò Pelorat.
- Non è affatto ovvio. Il computer reagisce altrettanto rapidamente ai raggi infrarossi che la superficie emana anche in presenza dell'oscurità. Ma le onde infrarosse, per la loro lunghezza, non consentono al computer la definizione d'immagine consentita dalla luce visibile. In parole povere, il computer vede meno bene e meno chiaramente con l'infrarosso, e se non è proprio necessario preferisco facilitargli le cose il più possibile.
- E se la capitale si trova sul lato notturno?
- Le probabilità sono pari, ma anche se fosse sul lato notturno, una volta confrontata la mappa alla luce del giorno, possiamo abbassarci progressivamente e raggiungerla con precisione nonostante l'oscurità. E prima di avvicinarci alla capitale, incroceremo fasci di microonde e riceveremo messaggi che ci guideranno verso lo spazioporto più comodo... Non c'è motivo di preoccuparsi.
- Sicuro? chiese Bliss. - Mi stai portando sul pianeta senza documenti, e senza che abbia un mondo d'origine riconosciuto da questa gente... e io non intendo, anzi non posso, fare il nome di Gaia, in nessun caso. Cosa faremo allora se una volta sulla superficie mi chiederanno i documenti?
- Improbabile che accada - rispose Trevize. - Tutti penseranno che certe formalità siano già state sbrigate alla stazione d'ingresso.
- Ma se dovessero chiedermeli?
- Se sorgerà questo problema, lo affronteremo a tempo debito. Intanto, non creiamoceli dal nulla i problemi.
- Quando affronteremo i problemi che potranno presentarsi, forse sarà troppo tardi per risolverli.
- Conto sulla mia ingegnosità per far sì che non sia troppo tardi.
- A proposito di ingegnosità, come sei riuscito a farci superare la stazione d'ingresso?
Trevize guardò Bliss, e lasciò che le sue labbra si schiudessero lentamente in un sorriso monellesco. - Ho usato semplicemente il cervello.
- Ma cos'hai fatto, vecchio mio? - Insisté Pelorat.
Trevize rispose: - Si trattava solo di rivolgersi a lui nel modo giusto. Avevo provato con le minacce e con la corruzione velata. Avevo fatto appello alla sua logica e alla sua fedeltà alla Fondazione. Non ottenendo nulla, ho giocato la mia ultima carta. Ho detto che tradivi tua moglie, Pelorat.
- Mia moglie? Ma amico mio, non ho nessuna moglie al momento.
- Lo so. Ma lui non lo sapeva.
Bliss intervenne: - Con "moglie" presumo vi riferiate a una donna che è la compagna regolare di un uomo.
Trevize precisò: - Qualcosa di più, Bliss. Compagna legale, con diritti esercitabili riguardo il rapporto di compagnia.
Pelorat disse nervoso: - Bliss, non ho nessuna moglie. Ne ho avute occasionalmente in passato, ma è da parecchio tempo che non ho una moglie. Se vuoi che celebriamo il rito legale...
- Oh, Pel - rispose Bliss con un gesto secco della destra. - Che vuoi che m'interessi? Ho innumerevoli compagni che mi sono sempre vicini, come le tue braccia sono sempre vicine al tuo corpo. Solo gli Isolati si sentono così distaccati da dover ricorrere a convenzioni artificiose per consolidare un legame che è un debole surrogato della vera compagnia.
- Ma, Bliss... io sono un Isolato, cara.
- Col tempo, sarai meno Isolato, Pel. Forse non sarai mai pienamente Gaia, ma sarai meno Isolato, e avrai una miriade di compagni.
- Io voglio solo te, Bliss! - esclamò Pelorat.
- È perché non sai nulla della vera compagnia. Imparerai.
Durante quella discussione Trevize si era concentrato sullo schermo, con un'espressione di tolleranza forzata in volto. Lo strato di nubi si era avvicinato, e per un attimo tutto si trasformò in una nebbia grigia.
"Visione microonde", pensò Trevize, e il computer passò subito al rilevamento degli echi radar. Le nubi scomparvero e la superficie di Comporellen apparve; i colori erano falsati, e i confini tra i settori di diversa composizione erano un po' sfocati e tremolanti.
- È così che ci apparirà Comporellen d'ora in poi? - chiese Bliss stupita.
- Solo finché non sbucheremo al di sotto delle nubi. Poi passeremo di nuovo alla luce solare. - Mentre Trevize rispondeva, il sole e la visibilità normale ritornarono.
- Capisco - annuì Bliss. - Ma c'è una cosa che non capisco... Non vedo perché il fatto che Pel tradisca o meno la moglie dovesse interessare al funzionario della stazione d'ingresso.
- Se quel tale, Kendray, ti avesse trattenuta, la notizia, gli ho detto, avrebbe potuto raggiungere Terminus, e quindi la moglie di Pelorat. Pelorat si sarebbe trovato nei guai. Non ho specificato che genere di guai, ma ho alluso a una situazione seria... C'è una specie di tacita solidarietà tra i maschi. - Trevize stava sorridendo adesso. - E un maschio non tradisce un altro uomo, anzi se gli viene chiesto lo aiuta. Dipende, presumo, dal fatto che chi aiuta potrebbe a sua volta avere bisogno di aiuto in seguito. Probabilmente - aggiunse assumendo un'espressione un po' seria - esiste una complicità simile tra le donne, ma non essendo una donna non ho mai avuto occasione di osservarla direttamente.
La faccia di Bliss assomigliava a una graziosa nube temporalesca. - È una battuta?
- No, parlo seriamente - rispose Trevize. - Non dico che quel Kendray ci abbia lasciati passare solo per aiutare Janov a non mettersi nei guai con la moglie. Può darsi che il senso di complicità maschile sia servito a dare un'ultima spinta decisiva alle altre mie argomentazioni.
- Ma è terribile. Sono le regole che tengono unita una società, che la fondono in un unico complesso. Ti pare una cosa da nulla ignorare queste regole per motivi banali?
- Be' - disse Trevize, di colpo sulla difensiva - certe regole sono di per se stesse futili. Pochi mondi sono pignoli per quanto riguarda l'accesso e il passaggio nel loro spazio in un periodo di pace e prosperità commerciale, come quello che stiamo attraversando adesso grazie alla Fondazione. Comporellen non è al passo coi tempi, probabilmente per qualche oscura questione di politica interna. Non vedo perché proprio noi dovremmo subirne le conseguenze.
- Questo non c'entra. Se obbediamo solo alle regole che riteniamo giuste e ragionevoli, allora qualsiasi regola cessa di avere valore, perché non esiste una regola giusta e ragionevole per tutti. E se ci interessa solo il nostro tornaconto personale, troveremo sempre una giustificazione per definire ingiusta una regola restrittiva. Si comincia con un trucco astuto e si finisce con l'anarchia e la catastrofe, così, anche per lo scaltro autore del trucco, dal momento che nemmeno lui sopravviverà al crollo della società.
Trevize ribatté: - La società non crolla tanto facilmente. Tu parli come Gaia, e Gaia non può capire un'unione di individui liberi. Le regole, instaurate con ragionevolezza e giustizia, possono facilmente diventare superate e inutili via via che le circostanze cambiano, e restare ugualmente in vigore per inerzia. In tal caso è legittimo e anche utile infrangere queste regole, se non altro per evidenziare che sono diventate superflue e magari anche dannose.
- Allora ogni ladro, ogni assassino, può giustificarsi dicendo che sta servendo l'umanità.
- Non arrivare agli estremi. Nel superorganismo di Gaia c'è un consenso automatico circa le regole sociali e a nessuno viene in mente di infrangerle. Si potrebbe anche dire che Gaia vegeta e si fossilizza. Nella libera associazione di individuo c'è senza dubbio un elemento di disordine, ma è il prezzo che bisogna pagare per non perdere la capacità di introdurre novità e cambiamenti... Tutto sommato, è un prezzo ragionevole.
La voce di Bliss si fece leggermente più acuta e sonora. - Ti sbagli, se pensi che Gaia vegeti e si fossilizzi. Le nostre realizzazioni, le nostre usanze, i nostri punti di vista, tutto quanto viene sottoposto a un esame di coscienza costante. Senza un motivo valido, non c'è nulla che persista solo per inerzia. Gaia impara tramite l'esperienza e il pensiero, perciò cambia quando è necessario.
- Anche se quel che dici è vero, l'esame di coscienza e l'apprendimento devono essere molto lenti, perché su Gaia non esiste altro che Gaia. Qui, in regime di libertà, anche quando quasi tutti sono d'accordo, c'è sempre una minoranza che discorda, e in alcuni casi quella minoranza può darsi che abbia ragione. E se quei pochi sono abbastanza abili, abbastanza entusiasti, abbastanza giusti, alla fine vinceranno e nel futuro diventeranno eroi... come Hari Seldon, che ha perfezionato la psicostoria, ha sfidato con le sue concezioni l'intero Impero Galattico, e ha vinto.
- Ha vinto solo fino ad ora, Trevize. Il Secondo Impero pianificato da Seldon non si realizzerà. Ci sarà Galaxia, invece.
- Ah, davvero? - disse Trevize con espressione truce.
- È stata tua la decisione, e anche se continui a discutere con me sostenendo gli Isolati e la loro libertà di essere sciocchi e criminali, nei recessi della tua mente c'è qualcosa che ti ha costretto ad essere d'accordo con me-noi-Gaia quando hai fatto la tua scelta.
- Quello che si cela nei recessi della mia mente è proprio quel che cerco - disse Trevize ancor più arcigno. - Là, per cominciare - aggiunse, indicando lo schermo, dove una città si estendeva all'orizzonte, un agglomerato di strutture basse, salvo alcune eccezioni isolate, circondato da campi marroni coperti da uno strato di brina.
Pelorat scosse la testa. - Peccato. Volevo osservare la fase di avvicinamento, ma mi sono distratto ascoltando la discussione.
- Non importa, Janov - disse Trevize. - Guarderai quando ce ne andremo. Prometto che terrò la bocca chiusa, sempre che tu riesca a far tacere Bliss.
E la Far Star atterrò allo spazioporto guidata da un raggio a microonde.
XIV
Kendray aveva un'aria grave quando tornò alla stazione d'ingresso e osservò la Far Star che passava. Al termine del suo turno era ancora chiaramente depresso.
Stava consumando il suo ultimo pasto della giornata quando uno dei suoi colleghi, un tipo allampanato con gli occhi ben distanziati, radi capelli chiari e sopracciglia così bionde da sembrare assenti, si sedette accanto a lui.
- Che c'è che non va, Ken?
Kendray arricciò le labbra. - Quella che è appena passata era una nave gravitazionale, Gatis.
- Quella strana con radioattività zero?
- Proprio per questo non era radioattiva. Niente combustibile. Gravitazionale.
Gatis annuì. - Quella che ci avevano detto di tener d'occhio, giusto?
- Giusto.
- E l'hai beccata tu. Il solito fortunato.
- Non tanto fortunato. A bordo c'era una donna senza documenti... e io non ho denunciato la sua presenza.
- Cosa? Senti, non dirmi niente. Non voglio sapere. Non una parola di più. Siamo amici, ma non ho intenzione di diventare complice del fatto.
- Non è questo che mi preoccupa. Non molto. Ho dovuto mandare giù la nave. Vogliono una nave gravitazionale... quella o una qualsiasi altra. Lo sai.
- Certo, però almeno avresti potuto fare rapporto sulla donna.
- Non mi andava. Non è sposata. È stata presa a bordo solo per... per essere usata.
- Quanti uomini c'erano a bordo?
- Due.
- E l'hanno presa a bordo solo per... per quello. Devono essere di Terminus.
- Esatto.
- Se ne fregano di quel che fanno su Terminus.
- Già.
- Disgustoso. E la fanno franca.
- Uno di loro era sposato, e non voleva che sua moglie venisse a saperlo. Se avessi denunciato la presenza della donna, la moglie l'avrebbe scoperto.
- Ma la moglie non è su Terminus?
- Certo, però l'avrebbe scoperto ugualmente.
- Gli starebbe bene a quel tipo se sua moglie lo scoprisse.
- Sono d'accordo... ma non volevo essere proprio io il responsabile.
- Se la prenderanno con te per non avere fatto rapporto. Volere risparmiare dei guai a quel tipo non è una scusa valida.
- Tu avresti fatto rapporto?
- Avrei dovuto farlo per forza, credo.
- No, non avresti dovuto. Il governo vuole quella nave. Se avessi insistito per fare rapporto sulla donna, gli uomini a bordo avrebbero cambiato idea e invece di scendere qui sarebbero andati su qualche altro pianeta. E al governo non sarebbe piaciuto.
- Ma ti crederanno?
- Penso di sì... Era molto carina, quella donna. Pensa, una donna del genere disposta ad andare con due uomini, e degli uomini sposati col coraggio di approfittarne... Sai, è allettante come idea.
- Non credo che tua moglie sarebbe contenta se sapesse che hai detto una cosa del genere, o che l'hai pensata.
Kendray replicò con aria di sfida: - Perché, chi andrà a riferirglielo? Tu?
- Dai. Non dirlo nemmeno per scherzo. - L'espressione indignata di Gatis scomparve rapidamente, e Gatis disse: - Sai, mica gli hai dato una mano a quei tipi, lasciandoli passare.
- Lo so.
- Giù in superficie scopriranno subito tutto, e magari tu la passerai liscia, ma loro no.
- Lo so - annuì Kendray - e mi dispiace per loro. I guai che gli creerà la donna saranno poca cosa rispetto ai guai che gli creerà la nave. Il capitano ha fatto certi commenti...
Kendray si interruppe, e Gatis lo sollecitò smanioso: - Che commenti?
- Non importa - rispose Kendray. - Se dovesse spargersi la voce, io mi gioco le chiappe.
- Non dirò niente.
- Nemmeno io... Comunque, mi spiace per quei due uomini di Terminus.
XV
Per chiunque fosse stato nello spazio e avesse conosciuto la sua immutabilità, la parte veramente eccitante del volo spaziale arrivava quando si trattava di atterrare su un nuovo pianeta. Il terreno scorreva sotto la nave, lasciando intravedere scorci di terra e di acqua, aree e linee geometriche che forse corrispondevano a campi e strade. Si scorgevano il verde della natura che cresceva, il grigio del cemento, il marrone del terreno spoglio, il bianco della neve. E soprattutto, c'era l'eccitazione trasmessa dai centri urbani, città che su ogni mondo presentavano caratteristiche geometriche proprie e varianti architettoniche.
Su una normale nave, inoltre ci sarebbe stato il brivido del contatto col terreno e dello spostamento lungo una pista. Per la Far Star era diverso. Galleggiando nell'aria, rallentò bilanciando abilmente attrito e gravità, e infine si fermò sopra lo spazioporto. Il vento soffiava a raffiche, il che complicava le cose. Quando veniva regolata su una spinta agravitazionale particolarmente elevata, la Far Star oltre a presentare un peso estremamente basso diminuiva anche come massa. Se la massa si avvicinava troppo allo zero, il vento avrebbe trascinato via la nave immediatamente. Quindi, bisognava attenuare il campo agravitazionale e usare delicatamente dei razzi direzionali per contrastare l'attrazione del pianeta e la spinta del vento, intervenendo con correzioni che combaciassero il più possibile con le variazioni di intensità delle raffiche. Senza un computer all'altezza, sarebbe stato impossibile farlo in maniera corretta.
La Far Star si abbassò progressivamente, con piccole e inevitabili oscillazioni in un senso o nell'altro, fino a posarsi sul settore delimitato assegnatole.
Il cielo era di un azzurro pallido chiazzato di bianco, quando la nave atterrò. Anche in superficie il vento era teso, e pur non costituendo più un pericolo per la navigazione le sue sferzate gelide fecero sussultare Trevize. Si rese subito conto che i loro indumenti non erano adatti al clima di Comporellen.
Pelorat invece si guardò attorno soddisfatto e inspirò a fondo dal naso, apprezzando almeno momentaneamente il morso del freddo. Aprì addirittura il giaccone per sentire il contatto del vento sul petto. Entro breve tempo, lo sapeva, avrebbe richiuso l'indumento e si sarebbe sistemato bene la sciarpa, ma per ora desiderava sentire l'esistenza di un'atmosfera. A bordo di una nave era impossibile.
Bliss si strinse nel giaccone e, con mani guantate, si calò il cappello sulle orecchie. Aveva un'espressione disfatta e infelice, e sembrava prossima alle lacrime.
Borbottò: - Questo mondo è malvagio. Ci odia e ci maltratta.
- Niente affatto, cara - replicò Pelorat convinto. - Sono sicuro che i suoi abitanti lo amino, e che questo mondo... li ami, se vogliamo esprimerci così. Tra poco saremo al coperto, al caldo.
Quasi dietro un ripensamento, scostò un lembo del giaccone e lo avvolse attorno a Bliss, mentre lei gli si rannicchiava contro.
Trevize si sforzò di ignorare la temperatura. Ricevette una tessera magnetizzata dalla direzione portuale, controllando col suo computer tascabile per assicurarsi che fornisse i particolari necessari: il numero di corsia e dell'area di parcheggio, il nome e il numero di matricola della nave, e via dicendo. Poi si accertò nuovamente che la Far Star fosse ermeticamente chiusa, e stipulò la massima assicurazione consentita contro i sinistri (inutile, in realtà, poiché la Far Star avrebbe dovuto essere invulnerabile considerato il probabile livello tecnologico di Comporellen, e poiché in caso contrario sarebbe stata insostituibile a qualunque prezzo).
Trevize trovò il parcheggio dei taxi dove previsto. (Negli spazioporti, parecchie attrezzature e servizi si trovavano in posizioni standard, ed erano standardizzati come aspetto esteriore e modo d'impiego. Era una scelta obbligata, considerata l'utenza interplanetaria.)
Trevize chiamò un taxi, e indicò la destinazione battendo semplicemente "Città".
Un taxi scivolò verso di loro su pattini diamagnetici, scosso leggermente dal vento e dalle vibrazioni di un motore non proprio silenzioso. Era di colore grigio scuro, e le insegne bianche spiccavano sulle posteriori. L'autista indossava un cappotto scuro e un cappello di pelo bianco.
Pelorat, notando certi particolari, commentò sottovoce: - Pare che i colori planetari siano il nero e il bianco.
Trevize disse: - Può darsi che in città l'ambiente si vivacizzi un po'.
L'autista parlò in un piccolo microfono, forse per evitare di aprire il finestrino. - Andate in città, gente?
Il suo dialetto galattico aveva una cadenza dolce e cantilenante piuttosto simpatica, ed era facilmente comprensibile... il che era sempre un sollievo su un mondo nuovo.
- Esatto - rispose Trevize, e la portiera posteriore si aprì scorrendo di lato.
Bliss entrò, seguita da Pelorat e Trevize. La portiera si chiuse, e l'aria calda li avvolse.
Bliss si strofinò le mani, con un lungo sospiro di sollievo.
Il taxi partì lentamente, e l'autista disse: - La nave con cui siete arrivati è gravitazionale, vero?
Trevize rispose asciutto: - Considerando il modo in cui è atterrata, avete qualche dubbio?
L'autista chiese: - È di Terminus, allora?
Trevize rispose: - Conoscete qualche altro mondo in grado di costruirne una?
Il conducente rifletté un attimo mentre il taxi acquistava velocità. Poi disse: - Quando vi fanno una domanda, rispondete sempre con un'altra domanda?
Trevize non seppe resistere. - Perché no?
- In tal caso, cosa rispondereste se vi chiedessi se vi chiamate Golan Trevize?
- Risponderei: "Perché me lo chiedete?"
Il taxi si fermò ai margini dello spazioporto e l'autista disse: - Semplice curiosità! Ve lo chiedo ancora... Siete Golan Trevize?
La voce di Trevize divenne dura e ostile. - Sono affari vostri?
- Amico mio - fece l'autista - finché non risponderete alla mia domanda non ci muoveremo. E se non risponderete in modo chiaro con un sì o un no entro due secondi, spegnerò il riscaldamento del vano passeggeri e continueremo ad aspettare. Siete Golan Trevize, Consigliere di Terminus? In caso di risposta negativa dovrete mostrarmi i vostri documenti.
- Sì, sono Golan Trevize, e come Consigliere della Fondazione pretendo di essere trattato con tutta la cortesia dovuta alla mia carica. Se sarete irriguardoso vi metterete nei pasticci, amico. Ebbene?
- Adesso possiamo procedere un po' più distesi. - L'autista si avviò di nuovo. - Scelgo attentamente i miei passeggeri, e mi aspettavo di dare un passaggio a due uomini e basta. La donna è stata una sorpresa per me, e ho pensato di essermi sbagliato. Invece, ho le persone giuste, e lascerò che siate voi a spiegare la presenza della donna quando sarete a destinazione.
- Voi non sapete quale sia la mia destinazione.
- Guarda caso, lo so. Andate al Dipartimento dei Trasporti.
- Non è là che voglio andare.
- Questo non ha la benché minima importanza, Consigliere. Se fossi un tassista vi porterei dove volete. Dato che non lo sono, vi porterò dove voglio andare io.
- Scusate - disse Pelorat sporgendosi in avanti ma mi pare che siate sicuramente un tassista. Guidate un taxi.
- Chiunque può guidare un taxi. Non tutti hanno la licenza, però. E non tutte le vetture che sembrano taxi sono taxi.
Trevize intervenne: - Smettiamola di cincischiare. Chi siete, e cosa state facendo? Ricordate che dovrete rendere conto del vostro comportamento alla Fondazione.
- Io, no - ribatté l'autista. - I miei superiori, forse. Io sono un agente della Forza di Sicurezza comporelliana. Ho l'ordine di trattarvi col dovuto rispetto in considerazione della vostra carica, però dovete seguirmi. E niente scherzi, perché questo veicolo è armato, e ho l'ordine di difendermi in caso di aggressione.
XVI
Il veicolo, raggiunta la velocità di crociera, avanzava silenzioso e senza scossoni, e Trevize sedeva assolutamente immobile, come pietrificato. Si rendeva conto, anche senza guardare, che di tanto in tanto Pelorat lo fissava con espressione incerta e sembrava chiedergli: "Che facciamo adesso? Per favore, dimmelo."
Bliss, notò Trevize dopo una rapida occhiata, era invece calma, apparentemente imperturbabile. Certo, lei era un mondo intero di per se stessa. Tutta Gaia, nonostante la distanza galattica, era racchiusa nella sua pelle. Bliss disponeva di grandi risorse, e poteva utilizzarle in caso di emergenza.
Ma, in sostanza, cos'era successo?
Chiaramente, il funzionario della stazione d'ingresso, seguendo la prassi, aveva inoltrato il suo rapporto, omettendo Bliss, e il rapporto aveva attirato l'attenzione del corpo di sicurezza e, fatto strano, del Dipartimento dei Trasporti. Perché?
Era tempo di pace, e Trevize non era al corrente di attriti particolari tra Comporellen e la Fondazione. Lui stesso era un importante funzionario della Fondazione...
Un attimo, aveva detto al funzionario della stazione di ingresso... Kendray, sì, sì chiamava così... aveva detto a Kendray di avere affari importanti con il governo locale. Lo aveva sottolineato, nel tentativo di ottenere il permesso di ingresso. Kendray doveva avere riferito anche questo fatto, il che aveva suscitato ovviamente un interesse notevole.
Trevize non lo aveva previsto, mentre avrebbe dovuto prevederlo.
Dov'era finita la sua prodigiosa intuizione? Cominciava a credere veramente di essere la scatola nera che diceva Gaia? Stava lasciandosi attirare in un pantano per un eccesso di sicurezza basata sulla superstizione?
Come aveva potuto lasciarsi intrappolare da quell'idea folle anche per un attimo? Non aveva mai sbagliato in vita sua? Sapeva che condizioni meteorologiche ci sarebbero state il giorno dopo? Vinceva grandi somme ai giochi d'azzardo? No, e poi no...
Allora, era solo riguardo le cose in generale, i fatti vaghi, che aveva ragione? Come poteva saperlo?
Meglio lasciar perdere! Dopo tutto, dichiarando di avere importanti affari di stato... no, aveva parlato di motivi di sicurezza della Fondazione...
Be', dichiarando di essere lì per motivi di sicurezza della Fondazione, arrivando in gran segreto senza contatti ufficiali, era logico che avesse attirato l'attenzione. Già però finché non avessero saputo di che si trattasse, i Comporelliani avrebbero dovuto agire con la massima circospezione, avrebbero dovuto essere cerimoniosi, trattarlo come si conveniva a un personaggio di primo piano. Non avrebbero dovuto rapirlo e ricorrere alle minacce.
Eppure, era proprio quello che avevano fatto. Perché?
Cos'era che li faceva sentire tanto forti e potenti da riservare una simile accoglienza a un Consigliere di Terminus?
La Terra, forse? La stessa forza che nascondeva così efficacemente il mondo d'origine, perfino ai grandi mentalisti della Seconda Fondazione, stava operando anche adesso per ostacolare fin dalla fase iniziale la ricerca di Trevize? La Terra era onnisciente? Onnipotente?
Trevize scosse la testa. No, quelli erano sintomi paranoici. Intendeva forse incolpare la Terra di tutto? Ogni comportamento strano, ogni circostanza avversa, ogni piccolo intralcio... doveva dipendere per forza dalle macchinazioni segrete della Terra? Cominciando a pensare in quel modo, poteva già considerarsi battuto!
Sentì che il veicolo rallentava, e fu riportato di colpo al presente.
Si rese conto di non avere osservato, neppure per un attimo, la città che avevano attraversato. Al che, si guardò attorno, con un pizzico di frenesia. Gli edifici erano bassi, ma era un pianeta freddo, e probabilmente gran parte delle strutture erano sotterranee.
Non vide traccia di colori, e questo gli sembrò contrario alla natura umana.
Di tanto in tanto, vedeva passare una persona, infagottata. Del resto la gente, come gli edifici, doveva essere perlopiù sottoterra.
Il taxi si era fermato davanti a una costruzione bassa e ampia, situata in una depressione di cui Trevize non riusciva a scorgere il fondo. Passarono alcuni secondi, e il taxi continuava a rimanere immobile, come l'autista. Il suo cappello bianco di pelo sfiorava il tetto del veicolo.
Trevize si chiese per un attimo come facesse l'autista a salire e a scendere senza perdere il cappello, poi disse con la collera contenuta che era lecito aspettarsi da un funzionario altero e bistrattato: - Ebbene, autista, e adesso?
La versione comporelliana del campo di forza scintillante che separava il conducente dai passeggeri non era affatto rudimentale. Le onde sonore potevano attraversarlo, ma Trevize era certo che gli oggetti materiali con una certa forza d'impatto non l'avrebbero superato.
L'autista disse: - Qualcuno salirà a prendervi. Restate seduti e tranquilli.
Mentre parlava, tre teste sbucarono lentamente dall'avvallamento che ospitava l'edificio, seguite dal resto dei corpi. Chiaramente, i tre uomini stavano salendo con una specie di scala mobile, ma dalla posizione in cui si trovava Trevize non era in grado di notare i particolari.
Mentre i tre si avvicinavano, la portiera del taxi si aprì, lasciando entrare una ventata d'aria gelida.
Trevize smontò, stringendo il giaccone al collo. Gli altri due lo imitarono; Bliss con considerevole riluttanza.
I tre Comporelliani erano informi, indossavano indumenti rigonfi che probabilmente erano riscaldati elettricamente. Trevize provò un senso di disprezzo a quella vista. Certe cose erano superflue su Terminus, e l'unica volta che aveva preso in prestito un soprabito termico durante l'inverno sul pianeta vicino Anacreonte, Trevize aveva scoperto che l'indumento tendeva a scaldarsi lentamente, così quando si era accorto di avere troppo caldo stava già sudando abbondantemente.
Mentre i Comporelliani avanzavano, Trevize notò indignato che erano armati, e non si curavano di nasconderlo. Anzi... Ognuno aveva un disintegratore in una fondina fissata esternamente.
Uno di loro, fermandosi di fronte a Trevize, disse con voce burbera: - Scusate, Consigliere - e gli aprì il giaccone con un movimento brusco. Allungò le mani e le spostò velocemente su e giù lungo i fianchi di Trevize, lungo la schiena, il torace e le cosce. Il giaccone venne scosso e tastato. Sopraffatto dalla confusione e dallo sbigottimento, Trevize si rese conto di essere stato perquisito con estrema efficienza solo a operazione terminata.
Pelorat, il mento piegato e la bocca contratta in una smorfia, stava subendo un identico trattamento indegno per mano del secondo Comporelliano.
Il terzo si accostò a Bliss, che agì prima di lasciarsi toccare. Lei almeno sapeva cosa aspettarsi, perché si tolse il giaccone e per alcuni attimi rimase esposta al sibilo del vento coperta solo da indumenti leggeri.
In tono gelido quanto la temperatura, disse: - Vedete benissimo che non sono armata.
Era più che evidente. Il Comporelliano scosse il giaccone, come se dal peso fosse in grado di giudicare se contenesse un'arma (forse era in grado di stabilirlo), quindi indietreggiò.
Bliss tornò a infilarsi il giaccone, avvolgendoselo bene addosso, e Trevize non poté fare a meno di ammirare il suo gesto. Sapeva quanto soffrisse il freddo Bliss, eppure la ragazza non si era lasciata sfuggire un solo tremito mentre era rimasta in camicetta e calzoni. (Poi Trevize si domandò se, in quella particolare emergenza, non avesse per caso assorbito calore dal resto di Gaia.)
Un Comporelliano li chiamò con un gesto, e i tre forestieri esterni lo seguirono. Gli altri due Comporelliani si accodarono. Il paio di pedoni che erano per strada non si presero la briga di osservare cosa stava accadendo. O erano abituati a episodi del genere, o, più probabilmente, pensavano più che altro a raggiungere un ambiente chiuso quanto prima.
Trevize ebbe modo di constatare che quella lungo la quale i Comporelliani erano saliti poco prima era una rampa mobile. Ora stavano scendendo, tutti e sei, e attraversarono un sistema di chiusura complicato quasi quanto quello di un'astronave... senza dubbio, per trattenere il calore all'interno, non l'aria.
E d'un tratto si trovarono dentro un edificio enorme.